al Politecnico di Vienna in qualità di studente d'ingegneria.
Nel 1878, a seguito della preannunciata occupazione della Bosnia-Erzegovina da parte dell'Austria-Ungheria, cui il Congresso di Berlino ha affidato l'amministrazione fiduciaria, è chiamato alle armi, ventenne, per vestire la divisa del 22° Reggimento Weber.
Ma rientrato a Trieste, nella notte tra il 16 ed il 17 luglio fugge assieme a Rocco Tamburlini e Nicolò Predonzani, entrambi di Pirano d' Istria, a bordo di una piccola barca a vela. Navigando per tre notti e tre giorni, approdano sulla costa italiana tra Fano e Sinigallia accolti da esponenti dell'immigrazione politica nel Regno.
Il suo sogno è Roma e dopo un mese circa vi si trasferisce, lavorando e studiando in mezzo a notevoli ristrettezze, meditando il proprio sacrificio per la causa dell' irredentismo.
Nel 1881, la Francia occupa militarmente la Tunisia, tradizionale sponda di interessi italiani; conseguentemente il Governo Italiano ritiene opportuno stipulare con l'Austria e la Germania un trattato, detto della "Triplice Alleanza", che serve come punto fermo per un assestamento alla sua azione internazionale, da cui partire per rafforzare la sua posizione fra le grandi Potenze.
Con questo significato è accolta dal Parlamento Italiano, da Destra e da Sinistra rimanendo l'opposizione dei Radical--Repubblicani, che accentuarono la loro opposizione agli Imperi Centrali e trarranno dal sacrificio di Oberdan nuovo impulso a iniziative e manifestazioni di carattere irredentistico.
Al mantenimento dei buoni rapporti di amicizia raggiunti, Vienna impone la diretta ed ampia collaborazione di Roma nella lotta contro l’irredentismo. Proibito parlare di Trento e di Trieste. Era necessario come l’Oberdan pensava convinto, di porre tra l’Italia e l’Austria il cadavere di un martire triestino.
Il 2 giugno 1882 muore Giuseppe Garibaldi, nel quale poteva mantenersi viva la causa di Trento e di Trieste; colui che da Caprera aveva incitato la gioventù italiana alla diserzione dall’esercito imperiale austriaco con il richiamo: “Ai monti, ai monti! Trentini, Triestini, Istriani e Goriziani!”. Ed il successivo 10 giugno, a Roma durante le imponenti onoranze all’Eroe dei Due Mondi, Oberdan sfila nel corteo con la bandiera triestina completamente avvolta in un velo nero, tenendo il vessillo sulle proprie spalle a sfidare il decreto ministeriale e la forza pubblica.
Una situazione di drammatico stallo, per cui Oberdan, che tempo addietro aveva detto in un convivio a Jesi che “s’augurava di andare a Trieste o con la camicia rossa o con la regia assisa (Divisa Militare)” scrive ora che: ”nulla convien più sperare nell’ Italia ufficiale; occorre pertanto risvegliare gli entusiasmi fra gli italiani dando dei martiri alla santa causa “, riandando in pratica a quanto affermato da Mazzini: “ Il martirio non è sterile, mai! L’Italia vivrà quando gli Italiani avranno imparato a morire. E per ciò non v’è altro insegnamento che l’esempio”.
Parte da Roma il 14 settembre con l’amico Donato Ragosa di Buie d’Istria, prescelto all’ultima ora tra i molti emigrati che gli si erano offerti, deciso ad attentare alla vita dell’imperatore Francesco Giuseppe la cui visita ufficiale a Trieste è stabilita per il 17 settembre 1882. Viene però tradito e denunciato dall’ avv. triestino Giuseppe Fabris Basilisco al soldo austriaco, suo ex compagno di studi, e dall’ungherese F.de Gyra, già ufficiale garibaldino.
Nel pomeriggio del 16 settembre durante una breve sosta a Ronchi all’osteria di Giovanni Bermi viene arrestato e, trovato in possesso di due bombe; trascinato a Trieste e rinchiuso nelle carceri dell’allora Caserma Grande di via del Torrente, (oggi via Giusuè Carducci - Piazza Guglielmo Oberdan ).
Processato, è condannato al capestro, con Sentenza del Tribunale Militare Supremo di Vienna in data 4 novembre 1882, per aver avuto l’ intenzione di uccidere. Da aggiungere che, nei suoi interrogatori non aveva accusato mai nessuno: «desidero piuttosto la morte che fare il delatore -– ho confessato tutto ciò che può solo nuocermi ». Ed a sostegno, non solo le parole del Carducci (“ Egli andò non per uccidere ma per essere ucciso “), ma anche il giudizio sulle finalità dell’Oberdan espresso persino dal Ministro per gli Affari Esteri austriaco Wohlfart da Vienna: “che non si trattasse di un attentato diretto contro S.M. l’Imperatore ma di diimostrazione diretta a turbare le solennità... « Come affermerà lo stesso Direttore di Polizia di Trieste, Carlo Pinkler, scrivendo “ che la spedizione di G. Oberdan non abbia avuto per iscopo un attentato alla persona di S.M. l’Imperatore, di ciò sono completamente convinto... »
Prima dell’esecuzione, si tenta di attribuire ad Oberdan anche la responsabilità di un attentato, con morti e feriti tra la folla, avvenuto in via del Corso a Trieste il 2 agosto, ma alla fine « non è dimostrata la sua presenza sul luogo del delitto, non la sua partecipazione al crimine, né accertato un concorso positivo dell’attentato » conclude 1’I.R. Corte suprema militare. E, sulla stessa linea, il consigliere aulico Karl Wolfarth, Reggente dell’Ufficio di Polizia internazionale: «...Oberdank è stato arrestato per il tentativo; ma il delinquente che lanciò la prima bomba il 2 agosto e che pertanto compì il fatto e uccise delle persone ed è tuttora libero e non potè finora venire arrestato ».
Infine, dopo che il Consiglio di guerra di Vienna, ha respinto la domanda di grazia inoltrata dalla madre e caldeggiata da personalità quali Giosuè Carducci ed Emile Zolà, viene impiccato il 20 dicembre 1882 nel cortile della stessa Caserma Grande.
Importante la testimonianza dell’Ispettore Superiore della Polizia Dompack: «ai piedi del patibolo fu letta all’imputato ancora una volta la sentenza di morte e dopo la lettura, mentre da parte del boia e dei suoi aiutanti gli venivano messe addosso le catene lo si sentiva ripetutamente e con forza gridare :
”Viva l’Italia” - “Viva Trieste Libera” -” Fuori lo straniero” , - finché gli morirono nella strozza tra il rullo dei tamburi !».
« Ogni giovane che crede nello Spirito guarda a OBERDAN »: Cosi’ si espresse Scipio Slataper uno degli Eroi del Carso ed ardente patriota Triestino.
NB: nulla attesta circa il suo sentimento politico.In un convivio a Iesi concludendo il suo discorso : « mi auguro di andare a Trieste o con la camicia rossa o con la regia assisa »
Nevio Mastrociani Bertola
Trieste 2006